Sembrano passati secoli da quando molti addetti ai lavori (e non) si appassionavano a tornei come l’Orange Bowl, Avvenire, Bonfiglio e Santa Croce. Ormai, però, c’è la spasmodica ricerca del fenomeno generazionale che riesce ad imporsi da giovanissimo nel mondo degli adulti. La storia da raccontare, le tappe da bruciare (come i record), ma anche (e soprattutto) placare la fame di denaro degli sponsor, stanno cancellando un mondo per certi versi affascinante e (sicuramente) formativo.
Un tennis che non c’è più
Per andare indietro e rivivere i fantastici anni in cui il tennis juniores aveva un seguito e preparava il terreno a quelli che sarebbero diventati i campioni del domani, ci siamo fatti una bellissima ed interessante chiacchierata con il maestro Guido Primiceri, autore del podcast Il Graffio per Tennis Open e protagonista di quel tennis che, con ogni probabilità, non vedremo più.
Il tennis a livello juniores sta via via scomparendo e non c’è più l’attenzione di una volta sulle maggiori competizioni. Pensi sia positivo che i ragazzi si affaccino da prima al professionismo in tornei ITF o ATP/WTA?
Il tennis juniores era uno step necessario e fondamentale per la crescita di tutti i ragazzi. Si potevano affrontare giocatori della propria età, ragazzi di un anno più piccoli o di un anno più grandi come, alla mia epoca, potevano essere Roger Federer e Lleyton Hewitt, che diventeranno entrambi numero 1 del mondo.
La cosa che mi preme sottolineare è come, nei tornei juniores, non si affrontino degli uomini. Mi spiego meglio: molto spesso il più grande ostacolo per un ragazzo giovane, come può essere adesso Cinà che prende tre wild card consecutive in tornei del Masters 1000, è confrontarsi con un avversario fisicamente formato e molto più prestante, oltre che con più esperienza.
Con quello che possiamo chiamare il gioco delle wildcard, si può rischiare di fare del male a delle giovani promesse. Guardiamo ad esempio i nostri Bracciali e Quinzi. Sono stati schiacciati dalle responsabilità delle wildcard piuttosto che aver avuto il tempo di poter crescere con maggiore calma e tranquillità all’ombra dei tornei juniores.
Qualcuno può dire che gli ITF 15mila o 25mila possono sostituirli, ma non è così. Un ragazzo non crescerà mai se incontrerà sempre al primo turno un giocatore adulto, con già esperienza e un fisico sviluppato.
Dobbiamo tenere presente che non tutti sono gli Jannik o i Carlos di turno. Molti giocatori, seppur talentuosi, rischiano di essere bruciati perché non gli viene dato il tempo necessario di crescere prima di affacciarsi al mondo del professionismo.
Come giudicheresti le tue esperienze in tornei come Avvenire, Bonfiglio, Orange Bowl?
Non posso che giudicare positive tutte le mie esperienze in questo tipo di tornei. Mi ricordo di aver raggiunto gli ottavi di finale nel torneo Avvenire, nei quali ho perso contro un giocatore francese, Ayol, molto forte.
Sono riuscito a vincere il torneo di Salice Terme, che all’epoca era molto importante e in cui partecipavano già giocatori con una buona classifica ATP. Ho giocato la finale dei campionati italiani e mi sono ritrovato, in due anni, da NC alla vecchia B1.
Anche al Bonfiglio ricordo di essere arrivato agli ottavi di finale, perdendo contro lo svedese Johansson, un armadio di oltre due metri con un servizio potentissimo.
All’Orange Bowl, invece, ho partecipato quando facevo parte dell’Accademia di Nick Bollettieri. Nel gruppo c’erano, con me, Vlasov Dmitri, Mathieu e quel fenomeno di Xavier Malisse.
Malisse parliamo di uno dei talenti più grandi mai visti. Vince il torneo di Santacroce e dopo qualche giorno riceve una wildcard negli Stati Uniti e perde con Sampras. Beh, Sampras gli farà un vero e proprio endorsment per il futuro. Tutti erano sicuri arrivasse.
Che dire di lui, tantissimo talento, mai testa a posto e mai in forma. Ma che giocatore… Arriva in semifinale a Wimbledon ed è poco per quello che avrebbe potuto fare. In allenamento era in grado di battere giocatori professionisti al top come Haas, Philippoussis e Rios.
Tornando all’Orange Bowl, quell’anno il favoritissimo Federer, che era già in top300, perde agli ottavi contro il francese Prodon. La finale la vincerà Nalbandian in una bellissima sfida contro Coria. Per farti capire di che livello stiamo parlando…
Il bello era, appunto, che tutti si affrontavano ad armi pari con giocatori della propria età. Il fisico contava, ovviamente, ma il talento la faceva da padrona. Se il più talentuoso non si applicava, usciva. Guardare Federer per credere: quel giorno perse con Prodon, ma lui diventerà il Federer che tutti conosciamo.
Il senso di questi tornei è proprio il poter affrontare ragazzi del proprio livello (o più forti) per essere pronti al mondo adulto.
Ricordi qualche giocatore che, all’epoca, ti aveva impressionato e poi ha fatto una carriera importante? Qualcun altro che ha deluso?
Sicuramente Malisse, nonostante essere arrivato in top20, ha deluso le aspettative. Per tutti, lui sarebbe diventato numero 1 del mondo a mani basse.
Lo stesso Vlasov Dmitri, un talento immenso ma con una testa che “altro che Rublev di oggi”. Purtroppo, anche lui ha disatteso le aspettative e non è finito benissimo.
Ma possiamo parlare anche di Prodon, che ha fatto la sua buona carriera da professionista senza toccare le vette raggiunte da ragazzo.
L’attenzione mediatica è incentrata sul professionismo, pensi che i tornei juniores meritino una maggiore copertura (magari anche televisiva)?
L’attenzione mediatica, purtroppo, è solo sul professionismo. Gli sponsor sono attratti da questo e quindi spingono i giocatori al professionismo. Ti pago se mi dai esposizione.
Il problema per questi ragazzi, infatti, è l’essere investiti da questo e trovarsi in difficoltà per rincorrere il proprio sponsor e fare tutto ciò che chiede. Si diventa schiavi dello sponsor. Un giocatore che può riassumere il tutto è Quinzi. Investito e bruciato anzitempo per la troppa pressione ed esposizione degli sponsor. Gli obblighi contrattuali sono estenuanti e non tutti i ragazzi riescono a stargli dietro. Devi vincere tot partite contro giocatori top300, giocare almeno una competizione a squadre in Germania o in qualsiasi altra parte del mondo e così via.
I ragazzi hanno bisogno di lavorare in tranquillità e non sotto la luce dei riflettori per poter dare il meglio di se stessi.
Credi che, in futuro, si possa riscoprire il tennis giovanile o si andrà sempre più verso la mitizzazione di giocatori giovanissimi alla ribalta nel tennis dei grandi?
Le persone vogliono vedere subito il fenomeno nel professionismo. Non capiterà mai più di vedere l’Edberg di turno all’Avvenire. Non esiste più seguito in questo genere di competizione, nonostante fossero culla di talenti e fondamentali prima del vero salto tra i grandi.
I tornei junior davano il tempo necessario per formarsi fisicamente e mentalmente. Chissà quanti talenti abbiamo bruciato e perso perché non siamo stati in grado di aspettare qualche anno. Chissà quanti ne perderemo in futuro…
Purtroppo, non torneremo più a quei tempi e il tennis juniores è destinato a scomparire del tutto.