29 Giugno 2025

Stefano Maffei

Quando la tradizione sconfigge il cambiamento: il caso delle palline Slazenger

Da oltre un secolo Wimbledon resta fedele allo stesso marchio di palline, mentre il resto del circuito vive nel caos della rotazione. Una scelta che difende l’identità e mette in discussione l’intero sistema del tennis moderno.

Londra, il tempio dell’erba e della coerenza

Nel cuore di Londra, tra i campi perfettamente curati dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club, ogni dettaglio è regolato da una meticolosa liturgia. A Wimbledon nulla è lasciato al caso. Neppure le palline. Dal 1902, il torneo più prestigioso del mondo ha scelto le Slazenger e da allora non ha mai cambiato fornitore. È una delle partnership più longeve della storia dello sport. Più di centoventi anni di fedeltà reciproca che resistono a ogni tipo di pressione commerciale o tecnologica. Mentre tutto il resto del circuito tennistico si affanna tra marchi diversi ogni settimana e continue polemiche da parte dei giocatori, Wimbledon dimostra che la tradizione, a volte, può ancora dettare le regole.

Slazenger, storia di un marchio iconico

Fondata a Londra nel 1881 dai fratelli Ralph e Albert Slazenger, l’azienda britannica è diventata un simbolo dello sport anglosassone. Inizialmente specializzata in attrezzatura per il cricket e il golf, si affermò rapidamente anche nel tennis, dove ha mantenuto una presenza costante per oltre un secolo. Oggi Slazenger fa parte del gruppo Frasers (ex Sports Direct), ma continua a rappresentare uno dei marchi più riconoscibili del tennis, soprattutto grazie alla sua inamovibile presenza a Wimbledon.

Le palline Slazenger utilizzate nel torneo sono il frutto di una progettazione specifica: il feltro è pensato per resistere all’umidità tipica dell’estate britannica, il peso e la pressione sono calibrati per garantire un rimbalzo adeguato sull’erba e vengono conservate a temperatura costante prima dell’utilizzo. Durante le due settimane del torneo, ne vengono consumate tra le 50.000 e le 54.000. Una routine consolidata e silenziosa, parte integrante della sacralità dell’evento.

La tradizione sull’erba Nonostante si tratti della stagione più corta del circuito, quasi tutti i tornei su erba hanno adottato, nel corso degli anni, questa tipologia di palline. Si è così consolidato che può essere definito il monopolio Slazenger. Il motivo? Già adattarsi ad una superficie così diversa per così poco tempo tra terra e cemento è difficile, se più marchi avessero prodotto palline i giocatori avrebbero sicuramente incontrato maggiori difficoltà, come dimostrato durante tutto il resto della stagione, con le continue polemiche per superfici e palline da gioco.

Il resto del tour? Una giungla di marchi

Se Wimbledon è l’eccezione, il resto del circuito professionistico appare sempre più disorientato. I tornei del tour ATP e WTA, infatti, adottano palline di marchi diversi praticamente ogni settimana: Dunlop, Wilson, Penn, Babolat, Tecnifibre. Alcune settimane si gioca con un tipo, quella successiva con un altro. Il problema non è soltanto estetico o commerciale. I giocatori lamentano da tempo un impatto concreto sulle condizioni fisiche, sulla qualità del gioco e sull’affidabilità delle prestazioni.

Emma Raducanu ha parlato apertamente di fastidi al polso causati dal passaggio da un marchio all’altro. Daniil Medvedev e Alexander Zverev hanno criticato la qualità sempre più scadente di alcune palline, definite troppo leggere, piatte o addirittura pericolose per l’integrità fisica. Secondo alcuni, dopo la pandemia i produttori hanno iniziato a usare materiali più economici, compromettendo la consistenza e la durabilità del prodotto finale.

Una pallina diversa, un tennis diverso

La questione non è secondaria. Cambiare marchio di pallina significa dover adattare la tensione delle corde, rivedere la tattica, modificare le sensazioni al contatto. Per un professionista che vive di automatismi e precisione, questa instabilità è un ostacolo difficile da digerire. Non è un caso che sempre più allenatori e preparatori stiano chiedendo una standardizzazione: almeno una pallina unica per ogni tipo di superficie.

Un’idea rilanciata anche da Craig Boynton, storico allenatore di John Isner e Hubert Hurkacz, che ha proposto l’adozione di due o tre modelli universali per il circuito, differenziati solo in base alla superficie. L’ATP e la WTA, finora, hanno lasciato carta bianca ai singoli tornei, che preferiscono siglare accordi separati con sponsor diversi. Wimbledon, l’ultimo baluardo

In questo contesto, Wimbledon emerge come una roccaforte di coerenza. Ogni anno, chi partecipa al torneo sa esattamente che tipo di pallina troverà. Sa come si comporta sull’erba, quanto dura, quanto pesa. Nessuna sorpresa, nessuna lamentela. Una certezza preziosa, specie in un calendario che costringe i giocatori a cambiare superficie e continente nell’arco di pochi giorni.

Non è, però, solo una questione tecnica. La pallina Slazenger, con il suo iconico logo nero su fondo giallo, è parte del mito. Un simbolo visivo riconoscibile, che si ripete identico ogni anno, sulle copertine, negli spot, nelle trasmissioni televisive. È branding, ma è anche identità. Come le divise bianche, come il silenzio impeccabile del pubblico, come le fragole con la panna.

Tradizione come valore, non come ostacolo

Lungi dall’essere un freno al progresso, la fedeltà di Wimbledon a Slazenger è una scelta che parla di cura, di rispetto per i giocatori, di consapevolezza del proprio ruolo. In un’epoca in cui il tennis professionistico rischia di smarrirsi tra tornei tutti identici tra loro, sponsor volatili e tensioni economiche, mantenere una tradizione viva non è nostalgia: è strategia. È l’arte di distinguersi senza osare.

Eppure, questa apparente semplicità è oggi l’eccezione. La normalità, nel resto del mondo tennistico, è fatta di contratti a breve termine, loghi invasivi, continue modifiche. Il risultato? Un tennis più imprevedibile, a volte più instabile, quasi sempre meno attento alla qualità. La Slazenger, a Wimbledon, è diventata così una silenziosa ribellione contro tutto questo.

Il futuro passa dalla memoria

Nel 2025, Wimbledon continuerà a giocarsi con le palline Slazenger. Non è una notizia, ma è proprio questo il punto. Non deve esserlo. In un mondo in cui ogni stagione porta con sé una nuova rivoluzione, sapere che almeno una cosa resterà com’era è rassicurante, persino necessario. Mentre l’ATP e la WTA cercano di domare il caos e rispondere alle lamentele dei giocatori, il torneo londinese mostra che la soluzione non sempre passa dall’innovazione. A volte, la risposta è già lì e resiste da 123 anni.

Perché in uno sport che cambia in ogni dettaglio, sapere con che pallina si gioca può fare la differenza. In questo, Wimbledon non ha mai avuto dubbi.