Taylor Fritz è fuori al primo turno del Roland Garros. Una notizia che ha colto di sorpresa molti, ma che forse, in fin dei conti, potrebbe anche non stupire così tanto. In primis perché il suo avversario è uno tosto, molto solido, capace di esaltarsi con i grandi. Daniel Altmaier, oggi numero 66 del ranking, che si è spinto nel 2020 fino al quarto turno del Roland Garros, vincitore di 6 challenger su terra. Capace, in passato, di avere la meglio anche nei confronti del nostro Jannik Sinner. In secondo luogo, la battuta d’arresto del californiano non stupisce così tanto per via dell’annoso disagio espresso sulla terra (ma ne parliamo dopo).
Per il numero uno americano, sconfitto in quattro set (7-5, 3-6, 6-3, 6-1), si tratta quindi della seconda uscita precoce consecutiva in uno Slam, dopo la sconfitta al terzo turno degli Australian Open contro un intramontabile Gael Monfils. Nel precedente Slam (Us Open) era riuscito anche ad arrivare in finale, piegandosi però sotto i colpi del nostro Jannik. La tendenza dunque è verso il basso, al punto da chiedersi: si tratta di una battuta d’arresto (ricordiamo anche l’uscita al primo turno a Roma) in grado di rappresentare un serio segnale d’allarme?

Un ritorno al passato
Era dal 2022 che Fritz non usciva così presto da un Major. Allora fu un giovane Brandon Holt, qualificato, a sorprenderlo al primo turno degli US Open. Sembrava che quelle battute d’arresto fossero alle spalle, soprattutto dopo la cavalcata fino alla finale di Flushing Meadows lo scorso anno, chiusa solo contro il nostro numero uno. Invece, la crisi sembra essersi riaffacciata.
“Non so cosa succede”: il mistero del movimento
In conferenza stampa, Fritz ha cercato di spiegare – senza riuscirci davvero – cosa lo stia frenando:
“È davvero strano. Da Roma a Ginevra e qui, mi muovo malissimo in campo. Scivolo male, perdo l’equilibrio, mi sento sempre in ritardo. Solo a Madrid ho avuto buone sensazioni.”
Un infortunio alla caviglia, subìto a Ginevra, potrebbe aver influito, ma lui stesso esclude che sia la causa della sconfitta. E allora resta il dubbio: un problema fisico non diagnosticato? Un calo mentale? O semplicemente l’incapacità cronica di adattarsi alla terra battuta?
Un’occasione persa (di nuovo)
Il Roland Garros doveva essere per Fritz l’occasione per confermare di essere ormai stabilmente tra i top, uno di quelli da inserire nel gruppo degli aspiranti Slam. Invece, il match contro Altmaier ha raccontato l’esatto contrario: lo statunitense è apparso lento, disordinato, nervoso, privo di soluzioni. Il tedesco, dal canto suo, ha giocato una partita solida, anche se non così straordinaria. Ed è proprio questo che preoccupa: Fritz è crollato contro un avversario ordinario, in un torneo dove si presentava da testa di serie, con ambizioni dichiarate.
Numeri da top, risultati da rivedere
Eppure, a guardare bene le statistiche, Taylor Fritz sembrerebbe tutto fuorché un giocatore in crisi. A Madrid, poche settimane prima del Roland Garros, ha centrato la 300ª vittoria in carriera a livello ATP — primo americano nato negli anni ’90 a riuscirci, e solo il quarto giocatore al mondo nato nel 1997 o dopo a tagliare quel traguardo, dopo Alexander Zverev, Stefanos Tsitsipas e Andrey Rublev. Lì si è fermato, visto che a Roma è uscito al primo turno contro Marcos Giron, il connazionale statunitense di origini argentine ed ecuadoriane.
Nel panorama statunitense, Fritz è uno dei cinque giocatori nati dal 1980 in poi ad aver raggiunto questo traguardo, insieme ad Andy Roddick, John Isner, Sam Querrey e Mardy Fish. Numeri da leader, insomma. A questi si aggiungono la finale agli US Open 2024 — prima per un americano dal 2009 — e l’ingresso nella Top 4 mondiale, traguardo che mancava agli Stati Uniti da quasi due decenni.
E allora cosa non torna?
Il contrasto tra i successi recenti e il rendimento deludente negli Slam del 2025 è evidente. Fritz ha dimostrato di avere il tennis, la potenza e la mentalità per stare con i migliori, ma fatica a tradurre tutto questo in continuità, soprattutto quando il calendario segna “terra rossa”.
L’ombra lunga del vuoto Slam americano
La sconfitta riaccende anche un interrogativo più ampio: dov’è finito il tennis maschile americano? Nessun titolo Slam dal 2003 (Roddick agli US Open), e neanche Fritz, il più promettente della sua generazione, sembra in grado di spezzare il digiuno. John McEnroe ha definito “preoccupante” la situazione: parole dure, ma in effetti sembrano difficili da smentire.
Ora l’erba, ultima chiamata?
La stagione sull’erba è alle porte, e Fritz ha già dimostrato di poter fare bene a Wimbledon, con due quarti di finale raggiunti nelle ultime edizioni. Sarà quello il terreno del riscatto? Il talento non manca, così come il repertorio tecnico. Ma per competere davvero con i Sinner, gli Alcaraz e i Djokovic, forse serve qualcosa in più: tenuta mentale, capacità di adattamento. E soprattutto tanta voglia di riscatto.
Attenzione perché il tempo, nel tennis, scorre in fretta. Fritz ha ancora margine, certo, ma il 2025 – già macchiato da due Slam da dimenticare – rischia di diventare l’anno del rimpianto.