Alexander Zverev

15 Maggio 2025

Giuseppe Canetti

Zverev eterno secondo, lo sfogo di chi sa di non essere il primo

“Penso che la stampa ami denigrare i giocatori. Ho passato due mesi brutti prima di vincere Monaco, è vero. Ma all’improvviso sono diventato il peggior numero 2 di ogni tempo. Non è così”, con queste parole Alexander Zverev si era presentato a Roma alla vigilia degli Internazionali d’Italia. Uno sfogo contro i detrattori, che fa il paio con la risposta stizzita nell’intervista a bordo campo dopo aver sconfitto all’esordio Ugo Carabelli: “I miei risultati nei Masters 1000 quest’anno? Ma sai, ho vinto un torneo due settimane fa, quindi non mi piace pensarci… È il tuo lavoro inventare domande stupide quando la partita dura solo un’ora?”.

Insomma, la parentesi al Foro Italico è stata parecchio movimentata per il tedesco sin dalle prime battute. Ma il meglio – anzi, il peggio – si è registrato nella seconda settimana, tra una polemica sterile e considerazioni abbastanza controverse.

Il ‘caso palline’ e le parole al veleno per Musetti

Col passare dei giorni, infatti, l’asticella del nervosismo di Sascha ha continuato a mantenere un livello altissimo nonostante altre due vittorie contro Vilius Gaubas e Arthur Fils. Nel mirino del nativo di Amburgo sono finite anche le palline, che a suo dire viaggiano troppo poco velocemente. “In questa edizione sono molto più lente. Non so cosa abbiano fatto. Ovviamente stiamo giocando con le palle Dunlop tutta la stagione sulla terra. Ma a Monte Carlo, Monaco e Madrid abbiamo giocato con delle palline molto veloci. Qui le cose sono diverse. Non trovo la stessa palla, non c’è possibilità di fare vincenti, ha affermato.

Lo stesso concetto, Zverev lo ha ribadito a margine della netta sconfitta contro Lorenzo Musetti ai quarti di finale. “Le palle erano un disastro oggi, veramente troppo grandi. È da tre o quattro anni che ne parliamo, ma il problema persiste. Giochiamo con certe palle a Montecarlo e Madrid, poi arriviamo a Roma e cambia tutto. Qui sono enormi, difficili da spingere, difficili da mandare fuori dalla racchetta. Per chi, come me, cerca punti rapidi col servizio e con colpi aggressivi, non è semplice“, ha dichiarato Sascha in mixed zone.

Viene spontaneo chiedersi, innanzitutto, per quale motivo gli altri giocatori impegnati nella Capitale non abbiano minimamente accennato al presunto problema. In secondo luogo ci chiediamo: perché un giocatore navigato come Zverev, dopo aver meritato di perdere e alzato un polverone, si è ben guardato dal fare i complimenti all’avversario?

La ragione è semplice: non ne aveva alcuna voglia, né riteneva fosse opportuno. Al contrario, infatti, Sascha si è lasciato andare a parole al veleno anche nei confronti dell’azzurro: “Oggi è stato difficile. Non riuscivo a fare vincenti, la palla non usciva mai dal campo. Musetti ha fatto il suo, come sempre sulla terra: si difende bene e aspetta il tuo errore. Il suo stile non cambia molto, è sempre lo stesso, ma oggi è stato favorito dalle condizioni”.

Ebbene, adesso, lungi da noi dal voler essere troppo di parte, ma è evidente al mondo che Musetti non abbia giocato una partita difensiva bensì una partita tatticamente brillante e condita da colpi sontuosi. Altro che “pallettaro”. Zverev avrebbe dovuto soltanto applaudire e togliersi il cappello dinanzi alla varietà di colpi sfoderata dal classe 2002 toscano.

Sicuramente non il peggior numero 2, ma mai numero 1

In sintesi, quello che lascia Roma per proiettarsi verso Parigi è uno Zverev controverso, forse offuscato dalla delusione per non essere riuscito ad impensierire nemmeno da lontano il primato di Jannik Sinner. Ecco, probabilmente la spiegazione all’Alexander furente, ‘scazzato’ e poco sportivo visto in questi giorni sta tutta nell’aver realizzato della sua costante inadeguatezza per certi traguardi.

(foto FB Hamburg European Open)

Sascha non sarà sicuramente il peggior numero due della storia, perché uno che vince 24 titoli – tra cui due volte le Atp Finals – e resta così a lungo nell’élite del tennis non può essere definito tale. Ma eterno secondo sì, questa è una definizione che calza a pennello al buon Zverev, il quale si ferma sempre – ed inesorabilmente – ad un passo dalla linea d’arrivo. È accaduto nel confronto con i Big3, è accaduto nelle finali Slam (perse allo US Open 2020, al Roland Garros 2024 e all’Australian Open 2025) contro Dominic Thiem, Carlos Alcaraz e Jannik Sinner ed ora sta succedendo anche con altri talenti della nuova generazione.

A 28 anni, Sascha, non è all’inizio della carriera né sul viale del tramonto: è nella fase in cui solitamente uno sportivo trova il suo apice, la sua maturità, la sua dimensione più elevata a 360°. Il rischio è che lui sia giunto all’appuntamento già bruciato, proprio per via di una nuova consapevolezza maturata negli ultimi mesi, che lo logora dall’interno.