Con sette degli ultimi otto Slam vinti a testa, la rivalità Alcaraz-Sinner promette di dominare a lungo. Ma, al di là dei titoli, l’eredità più preziosa della finale di Parigi potrebbe essere il rilancio di una semplice parola: fair-play. Nel day after della storica finale di Parigi, tra i tanti commenti, vogliamo evidenziare quello sul rispetto reciproco citato dal grande Adriano Panatta.
«Vorrei sottolineare la correttezza che hanno avuto ieri Alcaraz e Sinner: si sono praticamente arbitrati da soli, assegnandosi punti importanti a vicenda e andando dall’arbitro per confermare se una palla fosse buona o no. Così ci avevano abituato solo Federer e Nadal». — Adriano Panatta, 9 giugno 2025
I due episodi-manifesto del fair-play
Due momenti a specchio, infatti, hanno trasformato la finale anche in un bellissimo spot di correttezza:
-
-
Secondo set, 1° game, 40-40 – Sinner spara un servizio a oltre 200 km/h: la linea lo giudica out, ma Alcaraz alza subito la mano e ammette che è un ace. L’arbitro rovescia la chiamata, concede il “vantaggio Sinner” e il pubblico del Philippe-Chatrier apprezza molto con un lungo applauso.
-
Tie-break del quarto set, 2-2 – A parti invertite: una palla di Alcaraz viene chiamata fuori, Sinner si avvicina all’arbitro e dice “È buona”. Punto allo spagnolo, altra ovazione. Due campioni che, nel momento di massima tensione, scelgono di arbitrarsi da soli e mettere il rispetto davanti a tutto.
-
Panatta: «Campioni corretti e professionali»
Il trionfatore di Parigi ’76 ha inquadrato l’episodio come manifesto di una rivalità destinata a segnare la prossima decade: «Nel tennis più professionistico che c’è, vedere giocatori che rispettano sport e avversario è un segnale enorme».
Belle parole. Anche altri ex campioni come Wilander, Courier e McEnroe hanno definito il match «oltre gli standard». Del resto i grandi duelli si riconoscono anche dal rispetto reciproco. Ed è bello vedere come nonostante i sistemi di chiamata elettronica (non è il caso dello Slam parigino), ci sia a volte anche la decisione di auto-arbitrarsi, una conferma che l’etica sportiva ancora è viva. Fortunatamente. Quello che è successo ieri è un messaggio forte da indirizzare anche ai più giovani: Sinner (23 anni) e Alcaraz (22 anni) sono già modelli di comportamento per le nuove leve.