Carlos Alcaraz è tornato, sempre nel caso in cui qualcuno pensasse che se ne fosse andato. Ha rispettato il pronostico che lo vedeva favorito e ha portato a casa il primo Masters 1000 di stagione sulla terra battuta. Non è stato un percorso netto, quello della spagnolo, a Montecarlo. Ha lasciato un set a Francisco Cerundolo, uno a Arthur Fils e uno a Lorenzo Musetti, in una finale che forse avrebbe avuto il medesimo esito, ma che è stata comunque condizionata dall’evidente calo fisico del toscano nella seconda parte del match.
Obiettivo comunque raggiunto per Carlitos, che ha vinto meritatamente e ha momentaneamente scacciato le nubi che si erano addensate su di lui nel corso dello swing americano sul cemento. “Il peggio è alle spalle – ha detto Alcaraz – ho imparato a lavorare di più su me stesso, in questo momento non voglio guardare il ranking, gioco una partita alla volta senza pensare alla classifica”. Chiaro il riferimento alle pressioni che lo stesso Carlos ha ammesso di aver patito a causa delle enormi aspettative createsi su di lui dopo lo stop forzato di Sinner.
A tal proposito, in questo scenario, assume un grande significato il fatto che Jannik, da oggi, possa tornare ad allenarsi regolarmente, in pubblico, con i propri coach e con altri giocatori. Uno step fondamentale in vista del grande rientro previsto per gli Internazionali d’Italia. Quello che ci consegna questa settimana, dunque, è il dualismo che con ogni probabilità segnerà i prossimi mesi: Sinner e Alcaraz, Alcaraz e Sinner. Difficile pensare che altri possano inserirsi in questa lotta. La rivalità che per molti segnerà gli anni a venire è destinata a entrare nella sua fase più alta, quella in cui le teste di serie numero 1 e numero 2 partiranno in ogni torneo che conta come “finalisti designati” e potenzialmente potrebbero spartirsi tutti i tornei più importanti.
I numeri, del resto, non mentono. A 23 anni Sinner ha vinto 19 tornei, di cui 3 Slam, 4 Masters 1000 e una edizione delle Atp Finals, il tutto impreziosito da due Coppe Davis. A 21 anni Alcaraz di trofei ne ha vinti 18, con 4 Slam, 6 mille e una finale olimpica in cui solo un Novak Djokovic in missione gli ha tolto la gioia dell’oro. Nessun altro – a parte il serbo, ovvio, per cui vale un discorso a parte – ha oggi il pedigree per stare dietro a questi due. I competitor sulla carta più accreditati – Zverev, Medvedev, Fritz e Tsitsipas – stanno attraversando un periodo buio delle loro ottime ma non fenomenali carriere, fiaccati dallo strapotere cresciuto anno dopo anno dei due giovani fenomeni. I nomi nuovi – da Shelton a Rune, da Draper a Fils, da Mensik a Fonseca – non sembrano ancora in grado di giocare ad un livello tale da competere davvero con loro, soprattutto quando si parla di Slam.
Con ogni probabilità, dunque, sarà Alcaraz-Sinner. Il prossimo vero teatro di sfida saranno i campi rossi del Roland Garros. Sulla carta il favorito è lo spagnolo. In carriera Carlos ha vinto 9 tornei su 18, esattamente la metà, sulla terra battuta, Jannik solo uno (proprio in finale con lo spagnolo) a Umago. Vedremo già a Roma quali saranno le condizioni di Sinner. Quel che è certo è che l’altoatesino si presenterà allenato e riposato, finalmente libero mentalmente e rinfrancato da allenamenti mirati anche dal punto di vista tecnico. C’è da capire quale sarà il suo rendimento sulla terra, che finora è stata la superficie che gli ha sempre creato più incertezze. Se il livello sarà anche solo vicino a quello fatto vedere nell’ultimo anno, può succedere di tutto.