Il Campo 2 di Wimbledon, il "cimitero dei campioni"

2 Luglio 2025

Stefano Maffei

Il campo 2 di Wimbledon: il cimitero dei campioni torna a mietere vittime illustri

Wimbledon è da sempre il luogo dove la storia del tennis si scrive con l’inchiostro dell’eleganza e della tradizione. Ogni estate, i migliori tennisti del mondo si sfidano sull’erba perfetta dell’All England Club. Tuttavia, lontano dalle luci del Centre Court e dal fascino del Court 1, c’è stato un campo che ha alimentato più incubi che sogni: il Court 2, noto come The Graveyard of Champions – il Cimitero dei Campioni. Un luogo che, per decenni, ha messo in ginocchio alcuni dei più grandi nomi della storia del tennis.

Gli inizi della maledizione

Tutto comincia nel 1978, quando un giovane John McEnroe, allora emergente e testa di serie numero 11, viene sconfitto da Erik van Dillen su quel campo. Non è ancora considerata un’eliminazione scioccante, ma segna l’inizio di una strana serie. Alcuni anni dopo, la maledizione sembra già affermata: Jimmy Connors, già due volte vincitore a Wimbledon, perde due partite importanti proprio lì. La prima nel 1983 contro Kevin Curren, la seconda, ancora più inaspettata, nel 1988 contro il tedesco Patrik Kühnen.

Gli anni ’90: cadute clamorose

Negli anni ’90, il Court 2 diviene il protagonista silenzioso di uno dei periodi più turbolenti per i grandi campioni. Nel 1991, Pat Cash, vincitore del 1987, viene battuto dal francese Thierry Champion, mentre nel 1994 il campione tedesco Michael Stich, vincitore tre anni prima, cade per mano dell’americano (uscito dalle qualificazioni) Bryan Shelton.

La sconfitta più clamorosa è, però, probabilmente quella del 1996, quando Andre Agassi, tra i favoriti per il titolo, perde contro Doug Flach, un outsider che quell’anno non aveva mai superato il secondo turno in uno Slam (arriverà fino al terzo turno, dopo essere partito dalle qualificazioni). Il match entra così immediatamente nella mitologia del torneo.

Il disastro di Sampras

Se c’è, però, un momento che ha cristallizzato la leggenda del campo è stato il 27 giugno 2002. Quel giorno, Pete Sampras, sei volte campione a Wimbledon, viene assegnato al Court 2 per il secondo turno. Il suo avversario è George Bastl, uno sconosciuto svizzero entrato in tabellone come lucky loser dalle qualificazioni. Il risultato è scioccante: Bastl vince in cinque set. Sampras, visibilmente turbato, avrebbe poi dichiarato che quel match rappresentava “La fine di un’era”. “È stato come essere seppellito. Non solo nel torneo, ma nella mia carriera”, disse in seguito.

La tragedia delle sorelle Williams

Anche il tennis femminile ha conosciuto il volto oscuro del Court 2. Nel 2005, Serena Williams, già due volte campionessa a Londra, viene eliminata al terzo turno dalla statunitense Jill Craybas. L’anno dopo, nel 2006, la stessa sorte tocca a sua sorella Venus, sconfitta dalla giovane Jelena Janković, sempre al terzo turno. Due regine del tennis mondiale cadute in anni consecutivi sullo stesso campo non potevano essere una semplice coincidenza.

L’ultimo nome illustre nella vecchia disposizione, Martina Hingis

Nel 2007, l’elvetica Martina Hingis, ex numero uno del mondo, perde contro Laura Granville proprio sul Court 2. È il terzo turno e la sconfitta segna anche l’inizio del declino definitivo della svizzera nei tornei dello slam. La sua uscita completa l’elenco delle grandi campionesse sepolte sul campo più temuto del tennis inglese.

Perché proprio quel campo?

Ma cosa rendeva davvero il Court 2 così temuto? Più che una reale maledizione, era la sua configurazione fisica e l’effetto psicologico che generava. Era un campo più piccolo, con tribune meno imponenti e un pubblico più vicino, quasi addosso ai giocatori. L’eco proveniente dagli altri campi lo rendeva rumoroso, caotico, privo dell’aura sacra del Centrale. Per i big, abituati a giocare sempre sotto i riflettori, era quasi umiliante venire declassati lì. Sampras lo disse chiaramente: “Non volevo sembrare arrogante, ma essere programmato su quel campo era come ricevere uno schiaffo”.

Andy Roddick, tre volte finalista a Wimbledon, dichiarò che “giocare sul Court 2 era come finire in una trappola emotiva. Lì anche i colpi più sicuri sembrano incerti”.

La fine del vecchio Court 2 Nel 2009, l’All England Club decide di demolire il Court 2 originale per fare spazio a un nuovo impianto più moderno, con una capienza di 4.000 posti e una visibilità completamente diversa. Il campo viene ricostruito e ribattezzato con lo stesso nome, ma la posizione e l’atmosfera cambiano completamente. Quello che era il vecchio Court 2 diviene il nuovo Court 3 e perde, almeno simbolicamente, la sua maledizione.

Nonostante il cambio di nome e struttura, il mito non è mai svanito.

Un’eredità immortale

Il Court 2 è stato più di un semplice rettangolo d’erba. È stato un luogo dove il tennis si è spogliato delle certezze e delle gerarchie. Un campo dove il numero accanto al nome non contava nulla e dove i più grandi del mondo potevano cadere davanti a sconosciuti senza esperienza. Il Graveyard of Champions ha rappresentato la fragilità del talento, la bellezza dell’imprevedibile e il fascino eterno di Wimbledon.

Chi ci ha rimesso lo zampino nel 2025

Anche quest’anno, nonostante la struttura non sia più la stessa, tanti campioni si sono sciolti di fronte la storia del Court 2.

Il primo a cadere sotto il peso della storia (e i colpi di Benjamin Bonzi) è Daniil Medvedev, che ha battezzato alla perfezione la tradizione del Court 2 al primo match ufficiale del 2025. Il russo si è arreso in quattro set dopo aver raggiunto la semifinale nell’edizione 2024 (continuando così il clamoroso periodo di appannamento).

Ieri, al secondo giorno di competizione, altri due scalpi eccellenti. Elisabetta Cocciaretto, in meno di un’ora, ha sbrigato la pratica Jessica Pegula e si è regalata una delle più belle vittorie in carriera.

Poco dopo il sorriso per l’azzurra, l’Italia perderà uno dei suoi protagonisti. Lorenzo Musetti, infatti, si è arreso in quattro set al redivivo Nikoloz Basilashvili.